audio e mappa del seminario con michel bauwens

Pubblichiamo di seguito l’audio e la mappa del seminario peer to peer svoltosi a Pavia mercoledì 12 maggio.

L’intervento di Michel Bauwens:
scarica

L’intervento di Adam Arvidsson: scarica


"Everything open and free":
si può visualizzare qui

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Appello in solidarietà degli studenti e delle studentesse dell’Onda colpiti dall’operazione Rewind

Il 19 maggio dello scorso anno 10mila tra studenti ricercatori e
dottorandi scesero in piazza a Torino per contestare il G8 University
Summit, la conferenza dei rettori che si pose come diretta
interlocutrice dei capi di Stato e di Governo col proposito di
sedimentare il progetto di un’università sempre più spendibile sul
mercato, al servizio delle imprese. Quel giorno una grande
manifestazione attraversò la città di Torino, arrivando ad assediare il
Castello del Valentino dov’erano riuniti i rettori, con la
determinazione di non accettare zone rosse o subire divieti.

Il 6 luglio scattò l’operazione poliziesca Rewind, comportando 21
studenti arrestati e molte altre denunce, destinate ad aumentare di
numero nel tempo, le ultime ancora poche settimane fa. A distanza di un
anno molti studenti sono ancora sottoposti a misure cautelari come
l’obbligo di firma (in alcuni casi addirittura una volta al giorno!),
per continuare a giustificare un’operazione di carcerazione da subito
rivelatasi sproporzionata e vendicativa contro 21 giovani studenti,
maggior parte dei quali incensurati e di poco più di vent’anni.

Quello che è tentato di colpire con Rewind è stata la forza dirompente
dell’Onda, la prima a parlare di indisponibilità a pagare la crisi, a
contrapporsi allo smantellamento dell’università pubblica intentata dal
governo Berlusconi. Oggi ciò continua a vivere nelle facoltà e nelle
assemblee con la sua capacità di critica e di produzione di sapere
altro, a fianco dei ricercatori e dei precari in mobilitazione,
immaginando un’università come bene comune.

Un anno fa furono centinaia i professori, ricercatori, intellettuali a
firmare l’appello che chiedeva l’immediata liberazione degli studenti
arrestati. Crediamo che di fronte ad un uso così spropositato degli
strumenti giudiziari sia necessario continuare ad affermare ciò che
l’università è: luogo di libertà, confronto, produzione di sapere e, in
virtù di questo, anche di legittima protesta, la quale non può essere
ridotta ad un mero discorso di ordine pubblico e di misure cautelari.

Per aderire: norewind.torino@gmail.com

da http://infoaut.org

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PRESENTAZIONE LIBRO DI CRISTINA MORINI

MERCOLEDÌ 19 MAGGIO 2010 ore 18.30
P.zza Azzani (corso Garibaldi, altezza S.Michele)

APERITIVO CON PRESENTAZIONE DEL LIBRO
DI CRISTINA MORINI

Per
amore o per forza. Femminilizzazione del lavoro e biopolitiche del
corpo
, Verona 2010.

Scaricabile la prefazione
di Judith Revel.

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seminario con sergio bologna

Giovedì 20 maggio alle h. 14 presso
l’aula 15 della Facoltà di Economia dell’Università degli studi di
Pavia Sergio Bologna terrà il seminario “La coalizione che viene:
processi di ricomposizione tra network telematico e mutualismo”
. Il
seminario fa parte del ciclo di seminari sostitutivo dello stage “La trasformazione del lavoro” .

Sergio Bologna
ha insegnato
Storia del movimento operaio e della società industriale in diversi
atenei in Italia e all’estero dal 1966 al 1983. Negli anni Settanta
ha fondato e diretto la rivista "Primo Maggio". Dal 1985 svolge
attività di consulenza per grandi imprese e istituzioni. È membro
del consiglio scientifico della Stiftung für Sozialgeschichte des 20. Jahrhunderts di Brema e della Fondazione Luigi Micheletti di Brescia . Fa Parte di ACTA, Associazione Consulenti Terziario Avanzato.

La bibliografia di riferimento per il
seminario comprende i seguenti titoli: "Dieci tesi per la definizione di uno statuto del lavoro autonomo" e "Per un’antropologia del lavoratore autonomo", tratte da "Il lavoro autonomo di seconda
generazione", a cura di Sergio Bologna e Andrea Fumagalli,
Feltrinelli, Milano 1997; i primi due capitoli di: "Ceti medi senza futuro? Scritti, appunti sul lavoro e altro",
DeriveApprodi, Roma 2007.

Altri testi di cui è consigliata la
lettura sono: "Uscire dal vicolo cieco!", testo pubblicato
in occasione della mayday 007 e “Toxic asset – toxic learning. Nello spirito del ’68 senza nostalgie né tormentoni”, testo scritto dopo un incontro all’Università di Siena, organizzato dal Centro ‘Franco Fortini’ nella Facoltà di Lettere occupata, il 6 novembre 2008, durante le mobilitazioni dell’onda.

Tra gli ultimi interventi di Sergio
Bologna
ci permettiamo di segnalare: "Radio Kapital: Romano Alquati. Hommage di Sergio Bologna", "Le multinazionali del mare. Letture sul sistema marittimo portuale", EGEA, Milano 2010
[la cui introduzione è disponibile a questo link] e il video della
relazione al seminario Digital Commons, 7 e 8 maggio 2010, Vega –
Parco scientifico e tecnologico di Venezia.
Infine, "Indipendenti in formazione", uscito su "Alias – Supplemento speciale de "Il Manifesto", anno 13, n. 18, sabato 1 maggio 2010, p. 2

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indipendenti in formazione di sergio bologna

Pubblichiamo di seguito l’articolo di Sergio Bologna "Indipendenti in formazione", uscito su "Alias – Supplemento speciale de "Il Manifesto", anno 13, n. 18, sabato 1 maggio 2010, p. 2

Nella provincia di Milano, la più ricca d’Italia (in termini di valore prodotto, non di
reddito pro capite), secondo alcune statistiche recenti, riguardanti il primo semestre
2009, le assunzioni a termine avevano toccato punte dell’80%, portando l’incidenza di
questa forma contrattuale al 56% dell’occupazione totale dipendente. Se a questo si
aggiunge un 12% tra lavoro interinale e intermittente, risulta che nelle nuove
assunzioni i lavoratori dipendenti con contratti a tempo indeterminato stanno sotto la
soglia del 30%, ma di questi un quarto circa ha un contratto part time. Aggiungiamo
le collaborazioni occasionali, cresciute del 30% nello stesso periodo, e mettiamoci su il
dato impressionante che il 38,9% degli assunti a tempo indeterminato dopo 18 mesi
ha cambiato lavoro – ed avremo un’idea, parziale ma non distorta, di quanto siamo
diventati “flessibili”.
La precarietà, condizione tipica del lavoro autonomo e parasubordinato, si sta
estendendo a macchia d’olio a tutti i rapporti di lavoro, quindi deve essere assunta
come il punto di partenza di qualunque discorso sulla condizione umana oggi. Ma ci
sono due sguardi completamente diversi sulla precarietà. Quello di chi la considera
una condizione immanente al lavoro nel sistema capitalistico attuale e quello di chi la
considera una condizione di transizione verso rapporti di lavoro stabili. Dei due il
primo ha il merito di mettere in questione l’intero assetto del sistema ed in particolare
il suo apparato previdenziale, l’altro rischia di essere semplicemente un’aspirazione ad
avere un solo padrone tutta la vita. Per questo lo slogan “no al precariato” mi suona
sempre più come uno slogan stupido. Diverso se il termine “precariato” assume un
significato identitario. Ma con la crisi, che comincia solo ora a mordere davvero, le
cose si complicano, da un lato la precarietà intesa come intermittenza dei rapporti di
lavoro può diventare condizione accettabile se paragonata con la disoccupazione di
lunga durata, dall’altro la mobilità può essere una forma di autodifesa. In Italia infine
l’istituto della Cassa Integrazione crea una figura che altrove non esiste come
fattispecie lavorativa, quella del cassaintegrato, lavoratore dipendente a tutti gli
effetti…che non lavora.
Per l’esercito di quelli che sono esclusi dalla Cassa Integrazione, lavoratori dipendenti
delle microimprese, lavoratori autonomi, parasubordinati, i settori più vulnerabili del
mercato del lavoro in periodo di crisi, sperare che lo Stato possa oggi venire incontro
alle loro difficoltà è pia illusione. E’ più realistico pensare di arginare i continui tentativi
dello Stato di peggiorare la condizione del lavoro in generale ed in particolare quella
dei settori più vulnerabili. Tutte le grandi istituzioni, dal Fondo Monetario
Internazionale all’Unione Europea (e di conseguenza anche i governi degli Stati che vi
aderiscono) propongono una sola ricetta per uscire dalla crisi: fare “le riforme”, cioè
rendere più flessibile il mercato del lavoro e ridurre le erogazioni dello stato
assistenziale. Qui si agisce, della cosiddetta flexicurity ancora si parla soltanto. Lo
Stato ha rotto il vincolo di solidarietà verso i cittadini sin dai tempi di Reagan (Anni
’70) e se Obama sembra aver invertito la tendenza con la sua riforma sanitaria, in
Europa la strategia prevalente è ancora quella ultraliberista. Di redistribuzione dei
redditi se ne parla sì, ma verso il basso, per esempio tra i precari dell’Unione e gli
immigrati. In Italia nell’ultimo anno il 77% dei nuovi posti di lavoro è andato agli
immigrati. Se questa cifra fosse stata sbandierata durante l’ultima campagna
elettorale, la Lega avrebbe ottenuto il 30%. Pertanto la coalizione, il mutuo soccorso,
la costituzione di organismi che mettono al primo posto la tutela delle persone (e solo
in subordine la rappresentanza) sono le uniche scelte sensate in questa situazione. Se
il web può essere uno strumento potente per creare reti di conoscenza e di
condivisione, va riscoperta e rivalutata la prossimità fisica, il dialogo diretto tra le
persone. Su quali terreni costruire la coalizione? Primo e fondamentale deve essere il
terreno dell’appropriazione e sviluppo della conoscenza. I sistemi di trasmissione delle
conoscenze, gli apparati didattici, si sono andati deteriorando, dimostrando sempre
più la loro inadeguatezza ad arginare l’urto che sui cervelli e sui sistemi di percezione
produce il bombardamento mediatico. Si sono svalutati i sistemi di apprendimento che
presuppongono spirito critico, e sono stati sostituiti con tecniche che agevolano
atteggiamenti passivi.
Il processo tuttavia è stato molto più profondo perché non è partito dalla riforma
universitaria ma dal degrado interno delle discipline con una rapidità impressionante.
Parlate con un docente universitario che abbia 20 anni di ruolo alle spalle, di economia
o di storia, se non è un ebete vi dirà di essere inorridito da quel che scrivono le nuove
leve in carriera, a cominciare dagli Stati Uniti. Del resto, a proposito degli economisti,
basta leggere quanto alcuni illustri docenti della London School of Economics hanno
scritto sul progressivo degrado della loro disciplina alla Regina Elisabetta, che aveva
chiesto loro candidamente “come mai non avete previsto la crisi?”.
Ma il fronte di lotta va considerato in tutta la sua ampiezza, perché non è solo
l’insegnamento universitario a dimostrare la sua inadeguatezza ad attrezzare i giovani
al mercato del lavoro, c’è anche il sistema della formazione continua, della
riqualificazione professionale, ad essere talmente inadeguato da indurre ormai vere e
proprie strategie di resistenza, come suona il titolo di un libro (Widerstand gegen
Weiterbildung) scritto da una bravissima insegnante dell’Università di Graz, Daniela
Holzer. La partita della formazione permanente è forse oggi la più grossa partita che si
gioca in Europa in termini di politiche attive del lavoro. Se vi chiedete quali sono le
maggiori risorse monetarie che l’Unione Europea mette a disposizione del lavoro oggi
la risposta è una sola: “la formazione”. Ma chi se le intasca, queste risorse? Enti locali,
sindacati e in parte l’Università. Dobbiamo riappropriarcene. Pensate a una
professionista che lavora come freelance, ha una necessità costante di aggiornare le
proprie conoscenze e si trova in questa situazione assurda: non ha i soldi per pagarsi
l’aggiornamento che le serve e al tempo stesso è importunata da decine di istituti, enti
e cooperative che le propongono prodotti formativi che non le servono. Se dovesse
aprire un negoziato con un Ente locale, se dovesse tentare un’azione rivendicativa
verso lo Stato, non le converrebbe forse cercare di riappropriarsi dei soldi destinati
alla formazione? Per esempio chiedendo dei voucher che si spende come a lei pare,
secondo le sue esigenze specifiche? Il sistema della formazione oggi è ancora un
vecchio sistema fordista, che ricorda la frase “ti vendo l’auto che vuoi purché sia
nera”. Se a questo si aggiunge che la formazione venduta come riqualificazione
professionale in molti casi è resa obbligatoria e diventa un sistema di vessazione e
controllo dei disoccupati, allora si capisce che un’azione per riappropriarsi delle
consistenti risorse destinate alla formazione può rappresentare una strategia di lungo
periodo. L’autoformazione può essere impostata in primo luogo come una battaglia
economica. Ma è solo un punto di partenza. Il degrado interno alle discipline impone
che l’autoformazione debba per forza porsi l’obbiettivo di costruire un sistema di
pensiero e non semplicemente un’organizzazione più razionale dell’apprendimento.
“Economia della conoscenza” è una bella parola che nasconde in realtà un’operazione
abbastanza volgare di mistificazione della realtà. Tuttavia delimita uno spazio, forse
l’unico, dove possiamo costruirci strumenti di sopravvivenza e capacità di relazione a
nostra misura. La conoscenza e il sistema di pensiero che la rende organizzata e
fruibile, quindi scambiabile anche sul mercato sotto forma di competenza
professionale, è l’unico spazio di libertà assoluta di cui possiamo godere, favorito oggi
da un accesso diretto all’informazione che il web ti consente (se sai usarlo con
accortezza). Se l’autoformazione punta in alto, a costruire sistemi di pensiero
complessi, si rivela come l’unica strada per produrre innovazione dal basso. L’altra è
quella dei grandi apparati tecnologico-militari.
Chi ha avuto la fortuna di frequentare i militanti operai che hanno tenuto alta la
tensione del conflitto industriale negli Anni 70 ricorda come fossero persone che non
andavano in giro a gridare slogan generici ed a lanciare parole d’ordine “unificanti” ma
era gente che conosceva nei minimi dettagli la contrattualistica, oltre
all’organizzazione del lavoro. Si muoveva sempre su cose concrete, immediate, su
situazioni specifiche di reparto, sapevano leggere una busta paga senza che sfuggisse
loro una virgola. Quanti lavoratori autonomi, quanti freelance, quanti ex collaboratori
a progetto costretti a prendersi una partita Iva conoscono la loro situazione fiscale e
previdenziale nei minimi dettagli? Ben pochi, anche tra quelli con anzianità di lavoro.
Dal bisogno elementare di conoscere meglio il proprio status nasce lo spirito di
coalizione, la necessità di confrontarsi coi colleghi, la disponibilità a una protesta
collettiva, la rabbia di vedersi trattati come cittadini serie B quando si pensa che a
fronte di versamenti allo Stato non c’è ritorno in termini di prestazione (anche su
servizi universali come l’assistenza alla maternità). Chi scrive queste righe si è visto
recapitare un giorno una raccomandata dell’Agenzia delle Entrate con la quale gli si
comminava una sanzione per non aver pagato 14 (quattordici) euro. Pensate: un
funzionario delle tasse italiano – cittadino di un Paese dove l’evasione fiscale è
astronomica – perde una mattinata di lavoro per scoprire che il sottoscritto non ha
pagato 14 euro. Che poi io le avessi pagate e si trattasse di un errore è cosa
secondaria, più importante è il fatto che per dimostrare la mia “innocenza” avrei
dovuto spendere più della multa che mi era stata inflitta, quindi ho pagato. Queste
piccole odiose vessazioni sono all’ordine del giorno per i lavoratori autonomi di
seconda generazione. Forse anche per questo – ma soprattutto perché si stanno
appropriando di un sistema di pensiero che meglio di altri sa interpretare le dinamiche
del postfordismo – i freelance hanno cominciato a organizzarsi per tutelare i propri
diritti e la propria dignità di lavoratori. Qualcuno (la Lega per prima) ha cominciato a
interessarsi di loro, CGIL e CISL stanno rivedendo la loro posizione tradizionale sul
lavoro autonomo, il PD sta preparando uno Statuto – nessuno coglie appieno però la
portata epocale della disintegrazione del ceto medio occidentale, che rappresenta la
stragrande maggioranza di quelli che i sociologi chiamano “lavoratori della
conoscenza”. Dove porterà non lo so, né mi pare di vedere in giro gente che lo sappia,
in realtà di saperlo non m’interessa un accidente. So soltanto che debbo difendermi
per non esserne travolto ed ho bisogno, per farlo, degli altri, in particolare di quelli
che vivono la mia stessa condizione lavorativa.

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petizione per la riapertura degli spazi in università

Pubblichiamo di seguito il testo di un appello per la revoca della chiusura serale degli spazi dell’Università di Pavia, sottoscritto da alcuni docenti dell’Ateneo pavese. La petizione può essere firmata all’indirizzo: http://www.petizionionline.it/petizione/contro-la-chiusura-degli-spazi-per-studenti-presso-luniversita-degli-studi-di-pavia/1258

Al
Magnifico Rettore,

ci
permettiamo di fare alcune osservazioni in merito alla circolare
rettorale spedita a tutto il personale e agli studenti il 5 maggio
2010,relativa alla decisione di chiudere tutti gli spazi universitari
dopo le ore 20.00 sino a nuova disposizione.

Il
4 maggio 2010 alle 8.00 del mattino un nutrito presidio di poliziotti
e

vigili
ha sgomberato il Centro Sociale Autogestito Barattolo.

Sappiamo
che Pavia è una città avara di spazi di aggregazione sociale e
giovanile. Negli ultimi anni, poi, una serie di disposizioni in tema
di ordine pubblico hanno colpito la socialità studentesca, che non
vive solo all’interno dei collegi o non frequenta i bar del centro,
riducendo ancor più la possibilità di forme di incontro libere e
gratuite. Di converso, l’Università e i consumi degli studenti (in
particolari gli affitti) rappresentano oggi una delle principali voci
di reddito per gli stessi abitanti di Pavia.

La
sera dello sgombero era in programma al Barattolo un’iniziativa del
gruppo “Studenti in crisi”, che hanno dato luogo alle proteste
dell’ultimo anno e mezzo contro i tagli, la riforma, l’aumento
delle tasse universitarie. In seguito allo sgombero, il Barattolo ha
indetto un corteo. Al termine gli studenti presenti sono entrati in
Università centrale per dirigersi in aula del ‘400 dove, tramite i
custodi, hanno cercato di mettersi in contatto col rettore per
chiedere l’autorizzazione allo svolgimento del concerto previsto.

Data
l’urgenza gli studenti hanno deciso di passare direttamente
dall’ingresso centrale: nel passaggio sono state spostate le
barriere d’ingresso e a causa dell’imbuto creatosi, c’è stato
sicuramente un momento di confusione, ma non si è verificato alcun
incidente né tantomeno alcuna violenza ai danni del personale
presente.

Il
rettore ha deciso quindi di concedere l’autorizzazione allo
svolgimento dell’iniziativa. L’attività all’interno si è
svolta nel pieno rispetto delle regole di utilizzo dei locali
universitari e la chiave dell’aula è stata quindi riconsegnata al
custode al termine del concerto.

Aggiungiamo
che sabato scorso circa mille giovani hanno protestato contro la
chiusura del Barattolo, in modo del tutto pacifico e senza incidenti
di sorta.

Circostanza
che dimostra sia l’interesse e l’apprezzamento della popolazione
giovanile per l’iniziativa, sia l’assenza di problemi di ordine
pubblico legati ai frequentatori del Barattolo, sia, infine, la
necessità di garantire, a loro e a tutto il corpo studentesco, il
diritto a riunirsi e svolgere liberamente, in modo democratico, i
propri programmi sociali, culturali e – perchè no ?- anche politici.

 

Non
crediamo pertanto che la decisione di chiudere l’Ateneo alle 20.00
vada nella direzione giusta. Lo stesso rettore riconosce l’esistenza
di un problema di spazi in città per gli studenti la cui soluzione
non può chiaramente essere un’ulteriore chiusura da parte
dell’università. Pavia, città nota per la sua antica e nobile
tradizione universitaria e culturale, si sta sempre più racchiudendo
su stessa. Non solo sta morendo, ma si sta suicidando. E con

essa,
anche l’Università rischia di scivolare in una fase di declino.

Per
questo chiediamo al magnifico Rettore di ritornare sulla propria
decisione.

Pavia,
10 maggio 2010

Guglielmino
Cajani

Andrea
Fumagalli

Andrea
Membretti

Carlo
Vanetti

Docenti
Università di Pavia, primi firmatari della lettera pubblica, che
sarà inviata in questi giorni a tutto il corpo docente.

 

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antifa – milano

 

Pubblichiamo il testo di convocazione di un’assemblea antifascista a Milano (cui student* in crisi parteciperà: 13 maggio h. 21,30 in Torchiera) per costruire le mobilitazioni in vista del raduno neofascista di Forza Nuova, previsto a Milano il 22 maggio.

Diritti,
dignità e libertà, fuori i fascisti dalle città


La Milano Antifascista e Antirazzista nelle piazze e nelle
strade il 22 maggio!

Milano Antifascista Maggio 2010:
Nel mese di maggio diverse forze di matrice nazi-fascista hanno previsto
una serie di iniziative a Milano. Le loro idee sono vecchie, gli slogan
sempre uguali. Un misto di nazional-socialismo e populismo che non
risponde ai veri problemi della gente,  ma fomenta razzismo e odio.
Un film già visto che non ha mai garantito diritti, reddito o libertà,
ma invece alimenta guerre fra poveri per annullare il conflitto sociale e
la solidarietà.

La Milano Antifascista e Antirazzista ha risposto con due settimane di
mobilitazione, passando per il 25 aprile, 1-2 maggio, attraversando i
quartieri della città.
Quartieri meticci e in trasformazione che sono attraversati da lotte per
riconquistare diritti (come quello alla casa), libertà (ad esempio
dalle leggi razziste) e dignità: per questo antifascisti.
Il 2 maggio San Siro ha ripudiato i nazi-fascisti costringendoli a una
kermesse blindata e protetta dalla polizia, così accadrà in ogni zona di
Milano – città medaglia d’oro alla Resistenza.
Queste giornate hanno dimostrato come i fascisti non siano radicati a
Milano e dunque abbiano spazio soltanto in virtù dei legami con segmenti
delle istituzioni di questa città (ricordiamo il patrocinio della
Provincia, la concessione di spazi da parte della municipalizzata
MilanoSport).

L’arroganza e la spudoratezza di questi gruppi esplicitamente neonazisti
e le mobilitazioni antifasciste che sono state messe in campo stanno
allargando sempre più il dissenso nei confronti dell’offesa alla memoria
della città rappresentata da queste parate, spacciate per libertà di
pensiero.

Il 22 maggio è prevista una parata nazionale di Forza Nuova,
accompagnata dai suoi amici ungheresi di Jobbik, partito che utilizza in
modo ancora più esplicito parole d’ordine che richiamano alla memoria
una triste storia fatta di sterminio di ebrei, zingari, omosessuali e
più in generale persone ritenute “diverse”.
Non permetteremo che la storia si ripeta!

Non vogliamo nessun corteo di Forza Nuova per le nostre città!
Perciò il 22 maggio saremo ancora nelle strade e nelle piazze!
Protagoniste quel giorno saranno le iniziative di tutti gli antifascisti
e antirazzisti che vivono i quartieri, sarà la Milano che ama la
libertà e
rifiuta il fascismo!

Invitiamo tutti/e, la Milano Antifascista ed Antirazzista, ad una
assemblea cittadina in preparazione delle mobilitazioni presso la
Cascina Autogestita Torchiera, Giovedì 13 maggio 2010 alle ore 21.30

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antifa – pavia

Ieri si è tenuta la prima udienza del processo all’ex segretario di Forza Nuova Pavia, unico imputato per l’aggressione ai danni di 7 frequentatori del CS Barattolo durante una serata universitaria organizzata dal Collettivo Universitario Autonomo. Di seguito il testo distribuito durante il concomitante presidio:

Pavia non è mai stata città della violenza, non conosce questi episodi.
Ringrazio anche tutte le forze politiche, di maggioranza e di
minoranza, che hanno in ogni modo esternato solidarietà fiducia e stanno
lavorando per far si che a Pavia rimanga quel clima sereno, che è un
patrimonio della nostra città e rispetto al quale tutti dobbiamo
lavorare

Alessandro Cattaneo,
sindaco di Pavia

Il 15 ottobre 2008 in università crescono le lotte contro la riforma
Gelmini, portate avanti dal Collettivo Universitario Autonomo. In città
dilagano le proteste contro le ordinanze antibivacco della giunta
Capitelli, trainate dall’assemblea Fattispazio. Il Collettivo
Universitario Autonomo organizza una serata universitaria al Barattolo:
“danze contro le ordinanze”. Durante la serata, i militanti di Forza
Nuova aggrediscono tre giovani pavesi, colpendone al volto uno.
Quattro persone sopraggiungono nel tentativo di soccorrere il ragazzo
ferito. Gli aggressori, dopo essersi armati di bastoni e tirapugni
recuperati all’interno della sede di Forza Nuova, si scagliano con
violenza contro i soccorritori, colpendoli ripetutamente. Le sette
persone picchiate vengono trasportate al pronto soccorso con prognosi
tra i 3 e i 15 giorni. Si tratta di un attacco premeditato, volto a
intimidire e ad allontanare studentesse e studenti universitari da uno
tra i pochi spazi sociali cittadini. Dopo l’aggressione la sede di Forza
Nuova di Borgo Ticino viene chiusa, salvo poi riaprire sulla Vigentina.

Il 25 aprile 2009, durante la commemorazione istituzionale le
antifasciste e gli antifascisti pavesi denunciano la presenza in città
di picchiatori fascisti e di un clima di intolleranza, fatto da raid
notturni contro i negozi gestiti da migranti e da scritte razziste e
xenofobe. Questi atti vengono alimentati da contesto culturale che
sdogana il fascismo vecchio e nuovo: è reso possibile da un antifascismo
“delle ricorrenze”, che perde di vista i valori della Resistenza, e
dall’operato apertamente razzista delle istituzioni, come nel caso SNIA.
Per tutta risposta piovono denunce sugli antifascisti.

Il 25 aprile 2010 lo spezzone autonomo del corteo smaschera le
collusioni tra sindaco e picchiatori neofascisti, cantando canzoni
partigiane: alcuni neofascisti sono pilotati dal vicesindaco Centinaio,
uno è stato candidato con “Rinnovare Pavia”, altri ancora hanno in Ciocca
il loro referente in doppiopetto. La risposta del sindaco non si fa
attendere: il CSOA Barattolo, spazio antifascista, viene fatto
sgomberare da ingenti quantità di polizia e viene murato.

Oggi inizia il processo per l’aggressione del 15 ottobre 2008. Un
solo imputato, a fronte di sette feriti. Le aggressioni omofobe,
xenofobe o di matrice politica si susseguono, per mano di gruppetti di
naziskin.

ANTIFASCIST* SEMPRE!

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comunicato

comunicato di student* in crisi –
contro l’università azieda

In questi giorni il teatrino
delle elezioni universitarie si è ripresentato da copione. Persone
assenti tutto l’anno dalle facoltà rispuntano per accaparrarsi
qualche voto, inondando l’università di manifesti populisti, in
mancanza di argomenti validi. La loro presenza è però
contraddittoria: i partiti di riferimento affossano l’università
attraverso tagli alla didattica e l’ingresso dei privati. Perché lo
fanno? Semplice, ogni seduta accresce il loro punteggio nella
graduatoria politica, segna un passo nella carriera che vorrebbero
fare all’interno dei loro partiti di riferimento (Pesato
docet).Quest’anno la farsa ha però qualcosa di speciale. Quasi
tutti hanno usato la campagna elettorale per scagliarsi contro i
“rossi che infestano l’università”, quelli che dall’anno
passato sono schierati contro la riforma Gelmini e la distruzione
dell’Università Pubblica. Ateneo Studenti ha appoggiato la
riforma Gelmini e sta strumentalizzando un momento di lotta politica
a fini elettorali.

Cerchiamo di chiarire i
fatti!

Martedì 4 maggio il CS
Barattolo è stato murato e sgomberato su mandato della giunta
targata PDL-Lega. Dopo poche ore un corteo di 300 persone ha
attraversato la città e si è concluso in università. Una festa
universitaria, organizzata da tempo dal collettivo universitario
Student* in crisi, è stata spostata dal Barattolo ormai chiuso in
Università, il luogo dove la maggior parte di noi studia e passa il
proprio tempo. L’ingresso è stato pacifico e solo a causa dell’alto
numero di persone il bidello presente all’ingresso dell’università è
stato spintonato. Nessuno ha malmenato. Nessuno ha danneggiato nulla,
al contrario di quanto affermato. Al bidello sono state portate le
scuse e tutto si è concluso in un clima sereno. Vista l’anomala
situazione in città, l’aula del ‘400 è stata regolarmente concessa
regolarmente dal rettore, il quale, così facendo, riconosce
l’esistenza del problema degli spazi aggregativi in città. Tuttavia,
successivamente se ne lava le mani e dichiara falsità riguardo ai
fatti accaduti quella sera: il provvedimento di chiusura delle aule
studio negli orari serali giunge in contrasto con la sua concessione
della sera prima, e a fronte della mancanza di volontà del rettore
di dare il proprio contributo a sanare il conflitto sociale generato
dallo sgombero del Barattolo. Un’ ottima soluzione!

Tornando
ad Ateneo studenti alias Comunione e Liberazione alias compagnia
delle opere alias una lobby con un giro d’affari da 70 miliardi
all’anno, non paghi delle pressioni lobbistiche che già esercitano
sull’Università (copisteria CUSL ad esempio…) e del controllo
pressoché egemonico che hanno sulla sanità pubblica lombarda, ora
vorrebbero sfruttare questa situazione per gettare infamia su chi
protesta contro la riforma Gelmini e ha messo in luce il loro
appoggio all’aumento delle tasse universitarie. Condannano le
occupazioni degli studenti, ma, tramite un sistema di favori e senza
concessioni formali, detengono le chiavi della cosiddetta “aula
delle studentesse”.

Azione Universitaria, alias
PDL,vorrebbe cacciare una fantomatica armata rossa dall’Università,
per insediarvi quei fascisti con i quali hanno sfilato nella
manifestazione nazionale di Milano del 29 Aprile e che ha sollevato
proteste in tutta Europa. Così come il torneo di calcetto
organizzato dai nazi fascisti milanesi all’interno della “settimana
nera” .
Entrambi questi gruppi si macchiano inoltre della colpa
di avere concesso spazi nelle loro bacheche elettorali al “Blocco
studentesco”, organizzazione neofascista e revisionista, che l’anno
scorso aggredì con spranghe e cinghie gli studenti medi riuniti a
Piazza Navona.

«con le tasse più alte gli
studenti non si parcheggeranno più in università»

Matteo Greco, candidato al
CDA dell’Università di Pavia per “Ateneo studenti”

 

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seminario peer to peer

Coperazione, condivisione e produzione comune nella rete: l’alternativa peer-to-peer

prof. Michel Bauwens, teorico della rete, fondatore della Foundation for P2P alternatives, autore di saggi tra cui "The politica economy of peer production"

prof. Adam Arvidsson, esperto di media digitali e comunicazione, autore di "The ethical economy" e "Brand, meaning and value in media culture"

mercoledì 12 maggio h. 18 aula 400

http://p2pfoundation.net/The_Foundation_for_P2P_Alternatives

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