#riseup – consapevolezza e mobilitazione

Quest’intervento non sarà il solito intervento informativo, ma piuttosto il racconto della mia personale esperienza.

Sono entrata a far parte del collettivo di Student* in crisi verso Aprile, nonostante ad Ottobre avessi già iniziato ad informarmi e a prendere parte ad un po’ di assemblee. Eppure per vari motivi, anche personali non avevo avuto modo di iniziare a vivere coscientemente questa realtà e a farne parte. Per me era anche abbastanza impensabile, nel corso della mia giornata divisa tra lezioni, studio e, diciamo, momenti pigrizia/cazzeggio, iniziare a darmi da fare per qualcosa che ai tempi nemmeno capivo tanto bene. E non capivo perché non avessi la forza, la voglia, la spinta, chiamiamola come vi pare, ad informarmi e decidere che anche io facevo parte di questo mondo.

Vivevo nel mondo della “delega”, era molto più facile lasciare che qualcuno decidesse anche per me cosa fare. Non volevo prendermi delle responsabilità, non avevo lo sbatti di, non dico comprare un quotidiano e leggermelo, ma nemmeno di aprire una pagina web e leggere quello che stava succedendo del mondo.

Il punto è che è difficile iniziare, non tanto andare avanti. E’ una cosa semplice da dire, è come il “da oggi inizio a studiare” ma poi non lo si fa. Ma se si iniziasse a farlo giorno per giorno poi verrebbe automatico, e risulterebbe meno pesante. E magari inzia a diventare pure piacevole. Forse non è così per tutte le cose, ma per me, per questa esperienza che sto vivendo, è stato così.

Ma ciò su cui volevo appunto soffermarmi è la questione dell’autocoscienza, ovvero del capire che io, noi, tutti, esistiamo. Che non è che se non facciamo niente allora le cose non ci toccano. E che è molto meglio cercare di fare qualcosa, che sia anche solamente CAPIRE quello che c’è intorno a noi, essere partecipi, prendersi delle responsabilità, definire la propria identità e non lasciare che siano gli altri a decidere per noi. E’ ora di riprenderci quella dignità che viene ogni giorno schiacciata dai fautori della crisi, per cui siamo solo delle merci che possono o meno produrre profitto. Non siamo merci, siamo persone.

Non sto dicendo che sia una cosa facile. E nemmeno che ora, tutti, bisogna prendere e iniziare a dire, fare, pensare, decidere, e diventare subito dei super-militanti capaci di tutto, assolutamente. Anche perché i cambiamenti che avvengono troppo in fretta non portano mai a qualcosa di buono.

Sto solamente dicendo che prendere atto che si esiste e che si è parte di questa società, di questo mondo, e che ognuno di noi può fare qualcosa, è importante. Ma è anche importante che tutti inizino a farlo. Non per chissà chi, ma per sé stessi. Perché io non lo credevo possibile, ma iniziando a partecipare alla vita del collettivo ho trovato uno spazio che mi ha avvicinato in un solo colpo a ciò che voglio, ovvero informarmi, viaggiare, conoscere, aprirmi la mente, aiutare gli altri ed impegnarmi in qualcosa di concreto. Ed è soprattutto la consapevolezza di ciò che ho intorno e della forza che posso sfruttare per cambiare ciò che non mi va e che non ritengo giusto che mi ha fatto crescere.

Vi ripropongo una citazione di Chomsky, che ho personalmente adorato.

“Bisogna che tutti sappiano cosa possono fare per cambiare le cose e quali sono le cose e quali sono le conseguenze del non far nulla. Informare le persone non significa dirgli in cosa devono credere, ma imparare tutti insieme. Si impara partecipando. Si impara dagli altri. Si impara dalle persone che si cerca di coinvolgere. Abbiamo tutti bisogno di capire e di fare esperienza, prima di formulare nuove idee o migliorare quelle degli altri.”

Un’ultima cosa, a proposito dell’informazione. Si pensi soltanto alla potenza della rete, dei social network. Lì si possono trovare miliardi di informazioni, spunti, idee, e si possono condividere con un’infinità di persone. C’è bisogno di un uso intelligente della rete, non solo per divertirsi e cazzeggiare ma anche, appunto, per creare un terreno comune per organizzarsi e confrontarsi.

Ma questo da solo non basta. E’ necessario che ad uno spazio virtuale venga affiancato uno spazio fisico in cui produrre materiale ed avere una base solida per la propria organizzazione e mobilitazione.

Andiamo, occupiamo, riprendiamoci i nostri spazi!

una studentessa in crisi

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