Il ddl gelmini introduce importanti cambiamenti nella composizione degli organi di governo, permettendo ai privati di entrare a far parte della gestione degli atenei.
C.d.a: nel consiglio di amministrazione vengono introdotte 3 figure esterne al mondo universitario, con importante esperienza professionale e che non hanno ricoperto alcuna carica di questo genere da almeno 3 anni. Su un totale di 11 membri si evince il forte potere d’imposizione nelle scelte che essi avranno.
Inoltre il c.d.a. vede aumentare notevolmente le proprie funzioni: dalla vigilanza sulla sostenibilità finanziaria dei corsi (cioè quali sopprimere, quali far sopravvivere e a quali erogare la gran parte dei fondi…) alla scelta del personale.
Nucleo di valutazione: quest’organo, anch’esso composto per la quasi totalità da esterni con esperienza in campo professionale e dirigenziale, avrà il compito di valutare la qualità e l’efficacia dell’offerta didattica (quale competenza avranno in tal campo dei dirigenti d’azienda?)
La totalità di quest’organo sarà composto da membri esterni, e si sottolinea che essi dovranno essere personalità con comprovata esperienza in campo dirigenziale.
Direttore generale: anche qui un esterno. Esso avrà il ruolo della gestione complessiva e organizzativa dei servizi, delle risorse strumentali e del personale ata dell’ateneo.
Senato accademico: il ruolo di quest’organo viene svilito, le uniche funzioni che gli vengono lasciate sono la formulazione di proposte e pareri riguardo le attività didattiche….per ogni altra proposta decisionale dovrà esserci il favore del c.d.a.!!!.
Rettore: vede AMPIAMENTE aumentati i suoi poteri: avrà ad esempio rappresentanza legale, inoltre gli vengono attribuite funzioni di indirizzo, iniziativa e coordinamento delle attività didattiche e scientifiche.
Prime osservazioni: si nota immediatamente come questa riorganizzazione degli organi rafforzi in senso gerarchico i rapporti di potere. La maggior parte delle funzioni decisionali vengono lasciate al rettore e ad un’ unico organo composto in gran parte da privati.
Finanziamenti statali:
I finanziamenti statali erogati dal ministero (prende il nome di ministero quello che prima era il ministero della pubblica istruzione) non vengono distribuiti equamente tra i vari atenei, bensì sulla base di valutazioni di merito fatta insieme all’anvur (agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario); valutazioni che riguardano il raggiungimento di obbiettivi dettati dal ministero stesso all’inizio dell’anno accademico, ma che, soprattutto, si baseranno sul bilancio di fine anno.
Elemento fondamentale: viene permesso agli atenei di ricercare finanziatori esterni laddove ce ne fosse bisogno.
Cosa comporta tutto ciò?
a) le università, essendo obbligate a seguire parametri decisi dal ministero, perdono qualunque libertà di scelta dell’offerta formativa e di indirizzo specifico della ricerca (alla faccia dell’autonomia)
b) assistiamo ad un generale svilimento e dequalificazione della didattica nel momento in cui i criteri di valutazione della “qualità” sono di carattere meramente economico.
c) gli atenei svantaggiati, che non sapranno sfruttare perfettamente le già scarse risorse economiche fornite si vedranno tagliare ulteriormente i fondi….neppure alle briciole si avrà diritto. In questa condizione verosimilmente verranno soppressi corsi di studio (come già sta avvenendo qui a Pavia con il corso di laurea in beni culturali), eliminati i servizi agli studenti o scaricati direttamente sulle loro spalle (sempre esempio pavese: dall’anno scorso ci sono stati forti aumenti delle tasse universitarie)o accorpati diversi dipartimenti per contenerne le spese.
d) “la corsa al privato”: in un contesto di generali e continui tagli alla spesa pubblica (politica che in Italia viene portata avanti da almeno vent’anni) è prevedibile che la maggiore, se non unica, fonte di finanziamento per gli atenei boccheggianti saranno i privati, proprio quei privati a cui verrà permesso di entrare nella direzione delle università.
Non pare semplicistico affermare che un sistema universitario così organizzato è un mero strumento in mano al mondo imprenditoriale che ne plasma la fisionomia in funzione degli interessi economici: se il ministero ne delinea i contorni basandosi sugli accordi europei stipulati in occasione del Processo di Bologna, nelle singole università saranno i finanziatori diretti, cioè le imprese, enti o associazioni privati, ha decidere le sorti della didattica e della ricerca.