Il governo vuole nuova riforma dell’università. Vuole abolire il diritto allo studio per gli student* privi di mezzi, vuole colpire la ricerca, vuole privare i ricercator* di ogni prospettiva, vuole consolidare il sistema di potere baronale, vuole permettere alle imprese di decidere su ricerca e didattica. Per questo, la riforma Gelmini piace tanto agli industriali, interessati ad avere manovalanza flessibile, sfruttabile e a basso costo. Meglio detto: ancor più precaria e ricattabile di quanto non sia già oggi. Infatti, le imprese vogliono che una volta che ti sei laureato tu faccia un anno di stage, lavorando non pagato; poi magari anni e anni di contratti a tempo, lavorando otto-dieci ore al giorno per 500 euro al mese; l’alternativa è la disoccupazione: oggi un giovane su tre è senza lavoro. Non pensare che questo non succederà a te, ma a qualcun altro. Non pensare “io riuscirò a svoltarla”, è l’illusione che vogliono creare. Invece succederà proprio a te. Se tu stesso non ti occupi di te stesso, nessun altro lo farà al posto tuo. Occupati di te stesso, fallo insieme a chi condivide la tua condizione.
Per frequentare l’università devi pagare sempre più tasse
Ti viene trasmesso un sapere spesso nozionistico e a volte inutile
Una volta laureato dovrai accettare per anni e anni un lavoro precario e malpagato
Le tue competenze verranno svilite, calpestate e svalorizzate
Con questa riforma lo scenario peggiorerà ancora
A cosa serve l’università, allora?
Forse vale la pena gridare
“fermate tutto, voglio scendere”
I ricercator* hanno deciso di opporsi alla riforma, rifiutandosi di fare lezione: in teoria non spetterebbe a loro tenere i corsi, in realtà lo fanno, gratis. Per questo in molte facoltà le lezioni sono cominciate in ritardo. Siamo solidali con la protesta dei ricercatori, ma non deve essere corporativa: deve invece estendersi agli altri soggetti colpiti dalla crisi: la riforma non si cambia, si cancella! Data la gravità della situazione in cui ci troviamo è necessario creare movimento, alzare la voce, senza timore di alzarla troppo. Abbiamo infatti il chiaro insegnamento dei ricercator*: bloccare le lezioni smuove le coscienze, e non è certo uno strumento di protesta blando. E noi, cosa facciamo? Costruiamo solidarietà tra categorie sociali diverse ma unite dal rifiuto di pagare una crisi che non hanno provocato. Chiediamo più soldi: per la ricerca, per l’istruzione, per i servizi. Costruiamo da subito servizi autogestiti per studenti, senza aspettare che qualcuno prima o poi ce li regali.
Mettiti in movimento!
Martedì 12/10 ASSEMBLEA GENERALE h. 11 @ cortile di scienze politiche