lettere in fermento!

Mercoledì 3 novembre alle h. 14 in aula L1, palazzo di San Tommaso, piazza del Lino, si terrà la prossima assemblea di facoltà di Lettere e Filosofia. La preside di Facoltà manderà a tutti i docenti l’invito a sospendere le lezioni di mercoledì pomeriggio,  e a partecipare all’assemblea insieme alle studentesse e agli studenti.
Questo risultato, ossia di evitare di dover scegliere tra una lezione e la mobilitazione contro il DDL Gelmini, è il frutto della determinazione delle studentesse e degli studenti di Lettere e Filosofia. Lo scorso mercoledì, 27 ottobre, infatti, un gruppo di studentesse e studenti ha interrotto il normale svolgimento del Consiglio di Facoltà pretendendo che il CdF prendesse una chiara posizione di rifiuto del DDL Gelmini e che durante le assemblee le lezioni fossero sospese. Di seguito il comunicato dell’assemblea letto in CdF.

Nella conferenza d’ateneo della scorsa settimana pare sia chiaramente emersa la contrarietà, o meglio la criticità, di tutto il nostro ateneo nei confronti della riforma Gelmini ed in particolar modo dei tagli ai finanzia­menti pubblici; dal rettore, passando per tutte le categorie universitarie, fino ad arrivare agli studenti.
La domanda però sorge spontanea: cosa sta facendo la dirigenza dell’università per contrastare questo Ddl? Diversi prorettori si sono eretti a paladini e a difensori dell’autonomia e della libertà della nostra università, ma cosa faranno quando i tagli ai finanziamenti statali diventeranno insostenibili? Come faranno a tutelare que­
sto ateneo? Per ora, che i tagli sono agli inizi, hanno aumentato le tasse. Vedremo cosa riserverà il futuro, a noi, ai nostri futuri compagni e a questi prorettori.
In questo contesto, i ricercatori universitari si sono schierati contro questa riforma, organizzandosi, fa­cendo rete e, in alcuni casi, arrivando alla sospensione della didattica. Noi qui, in questa sede, vorremmo esprime­re il nostro appoggio e la nostra solidarietà a tutti quei ricercatori cha hanno scelto questo strumento di protesta
che, oltretutto, non va nemmeno a ledere il loro contratto di lavoro in quanto non sono tenuti a fare lezione e a so­stenere sedute d’esame. Allo stesso tempo, però, vorremmo anche incoraggiare tutti quegli altri ricercatori che in futuro sceglieranno di intraprendere questa giusta forma di protesta.
L’astensione dalla didattica è sì una forma di protesta che potrebbe creare difficoltà e disagi, in primo luo­go agli studenti, sicuramente. Eppure in una situazione come questa crediamo che sia il modo migliore per far arrivare a Roma e all’amministrazione di questa università il messaggio che questa riforma, così com’è, non ci pia­
ce! La sospensione di corsi, di sedute d’esame, o addirittura di anni accademici interi, sono certamente una perdi­ta, ma una perdita di gran lunga inferiore rispetto alla prospettiva di un’università in cui i corsi, i dipartimenti o addirittura le facoltà chiuderanno non per la protesta dei ricercatori, ma perché tagliati dal ministero per mancanza di fondi o di personale.
Ma qui non vogliamo parlare solo delle conseguenze più materiali che la riforma Gelmini porta con sé, ma anche ragionare su una questione di valori. Questa riforma rappresenta chiaramente, dopo vent’anni di smantellamento bi­partisan, il colpo di grazia all’università pubblica come fonte del libero sapere. Già oggi gli stu­
denti vengono formati come automi, destinati ad accettare condizioni lavorative senza certezza di futuro; nel pros­simo futuro le loro conoscenze saranno svendute e costruite in base agli interessi del profitto e del capitale. Una catena di montaggio di cervelli riprodotti in serie. Non è un caso che il nostro paese viva la cosiddetta fuga dei
cervelli, cervelli liberi in cerca di una vita dignitosa. Il futuro dei più alti livelli della conoscenza nel nostro paese è destinato a dover dipendere dal taglio dei finanziamenti pubblici e dal conseguente ingresso dei privati nelle amministrazioni degli atenei. Il taglio dei finanziamenti provocherà la nascita di università di serie a, e di serie b; l’ingresso dei privati e il loro conseguente finanziamento, finalizzato a chiari interessi economici, causerà la
formazione di facoltà di serie a, e di facoltà di serie b.
Per tutte queste ragioni vogliamo rivolgere ai ricercatori l’invito ad avere maggior coraggio e determinazio­ne nel prendere una posizione chiara e netta, portando avanti il blocco della didattica e di tutte quelle funzioni che non spettano loro di contratto, nel modo più massiccio possibile.
Chiediamo che in occasione dell’assemblea di facoltà, convocata dagli studenti per mercoledì 3 novembre alle ore 14, venga sospesa la didattica per quel pomeriggio, per permettere la partecipazione agli studenti, ai dottorandi, ai ricercatori, a tutto il personale e ai professori ad un vero momento di confronto democratico e
partecipativo sul Ddl Gelmini e sulle azioni da portare avanti.
Chiediamo l’immediato blocco del Ddl Gelmini, del taglio dei finanziamenti pubblici e dell’ingresso dei pri­vati nei consigli d’amministrazione delle università.
Chiediamo che la necessaria riforma di cui l’università pubblica necessita venga fatta e pensata da chi l’uni­versità la vive ogni giorno, e non da dei politicanti incapaci; ma soprattutto che vada in direzione ostinata e contraria a quella che questo governo vuole seguire.
Chiediamo che questo messaggio raggiunga anche le altre facoltà di questa università, per poter unificare gli sforzi ed avere maggior peso in questa lotta.
Chiediamo infine che quella che fin’ora è stata una protesta d’opinione diventi vera; che chi si dice contra­rio ci metta davvero la faccia. Chiediamo, dunque, che la potenza diventi atto.

Le studentesse e gli studenti dell’assemblea di Lettere e Filosofia

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uniti contro la crisi per riprenderci il futuro

Pubblichiamo il testo del documento conclusivo della partecipatissima assemblea nazionale svoltasi il giorno dopo la grande manifestazione indetta dalla FIOM. Prossimamente torneremo a prendere parola attorno alle questioni toccate in questo testo.

Uniti contro la crisi per riprenderci il futuro – documento dell’assemblea nazionale del 17 ottobre alla Sapienza

Oggi 17 ottobre, nella facoltà di scienze politiche della sapienza si è svolta una grande assemblea, alla quale hanno preso parte da tutta Italia, moltissimi studenti medi e universitari e delle accademie in mobilitazione, ricercatori precari e strutturati, precari della scuola e degli enti di ricerca, centri sociali, movimenti in difesa dei beni comuni e per il diritto all’abitare. Sono intervenuti anche molti esponenti del sindacato tra cui, il segretario della Fiom – Cgil Maurizio Landini e il segrtario della Flc – Cgil Domenico Pantaleo.

Il punto di vista comune emerso dai soggetti che vi hanno partecipato è stata la registrazione del grande successo della manifestazione della Fiom e il fatto che dal 16 ottobre si è concretizzata in Italia la possibilità di riaprire una fase nuova di opposizione alla crisi. La determinazione dei metalmeccanici si è intrecciata con i movimenti e le istanze che hanno animato negli ultimi tempi i conflitti sociali nel nostro paese. Studenti, precari, movimenti sui beni comuni e in difesa del welfare, hanno composto un quadro eterogeneo ma comune che va rilanciato con strumenti nuovi e con l’avvio di un nuovo processo. In questo senso, l’appello “uniti contro la crisi” recepito da questa assemblea, è stato assunto come un punto di partenza e un’indicazione da portare avanti, convinti che sono proprio gli effetti sociali della crisi e l’utilizzo politico che il governo e Confindustria ne stanno facendo, che pongono il problema della ricomposizione come condizione necessaria e non rimandabile.

La crisi globale causata dalle speculazioni finanziarie infatti, che sempre piu’ si sta qualificando come strutturale e non transitoria, sta colpendo diritti, salari, politiche sociali, e saccheggiando sistematicamente i beni comuni, dal lavoro al sapere, alle risorse ambientali. Questa crisi invece di determinare un radicale ripensamento del modello di sviluppo, ha piuttosto inasprito le condizioni che l’hanno causata. La risposta dei governi e delle élites economiche è stata una brusca accelerazione dei processi, già in atto da almeno trent’anni, legati alla globalizzazione neoliberista: privatizzazione dei servizi pubblici, attacco ai diritti dei lavoratori, aumento delle diseguaglianze. In Italia in particolare si è avuto un taglio indiscriminato delle risorse per scuola, università e sanità, perpetrati attraverso criteri autoritari e aziendali in tutti i settori, dai luoghi di lavoro a quelli della formazione. Questo attacco è giustificato con la retorica dell’austerità: in realtà le ingenti spese militari svelano come queste retoriche siano del tutto false e infondate.

Ma la crisi non e’ solo economica, ma anche politica. L’attacco ai diritti dei lavoratori, in particolare al diritto di sciopero e alla contrattazione collettiva, così come la ridefinizione in senso autoritario della governance dentro gli atenei definiscono un quadro in cui Governo e Confindustria vorrebbero chiudere del tutto gli spazi di democrazia, bloccando qualsiasi forma di espressione del conflitto sociale. Il caso di Pomigliano, è indicativo di una nuova forma di comando che subordina l’intera vita quotidiana alle esigenze della produzione al quale sono costretti a piegarsi sotto il ricatto. Non è un caso che quello del ricatto sia divenuto il paradigma su cui si è fondata negli ultimi anni la precarizzazione del lavoro che ha coinvolto in prima istanza le nuove forme di impiego ed oggi si estende a tutto il mercato del lavoro. Ripensare la democrazia, in questo contesto quindi, significa ripensare anzitutto la possibilita’ del dissenso, dell’estensione delle forme di lotta, immaginando al contempo delle forme di partecipazione e di costruzione comune di percorsi di alternativa, anche con pratiche di democrazia diretta nei luoghi del lavoro e della formazione.

Ma la crisi produce come prima conseguenza fondamentale la divisione e la frammentazione dei soggetti sociali e produttivi. Individualismo, competizione, paura sono gli effetti piu’ immediati che le strategie economiche e di governo producono. Ma gia’ l’esperienza di questi due giorni ci segnala una grande opportunita’ per i movimenti, i sindacati e le associazioni: occorre ricomporre, laddove veniamo divisi, immaginare un percorso comune, laddove invece ci viene proposta la solitudine. Uniti contro la crisi significa immaginare tutto questo insieme di possibilita’, inventando un meccanismo di connessione di lotte anche differenti tra loro. Questo processo di costruzione di relazioni tra soggettività sociali, ancor di più dopo la grande giornata di ieri, e’ oggi gia’ in atto. Si tratta di implementarlo nella costruzione quotidiana e di ricercarne le potenzialita’. Uniti contro la crisi e’ un’esperimento di opposizione alla crisi e di determinazione di un nuovo futuro.

Tanti sono gli studenti medi e universitari che hanno animato l’assemblea. La legge 133/2008, il ddl Gelmini, ma anche la legge Aprea sulle scuole, definiscono il quadro complessivo di smantellamento dell’istruzione pubblica. Disinvestimento, privatizzazione e distruzione della qualità del sapere sono stati assunti strategicamente dal governo, che ha suggellato decenni di riforme su scuola e università. Povertà, disoccupazione e precarietà sono le condizioni cui un’intera generazione di soggetti produttivi viene sottoposta. Già a partire dall’Onda gli studenti hanno dato vita ad un processo di trasformazione dell’università, restituendo il sapere al suo uso comune ed immaginando l’apertura di una discussione pubblica che coinvolga tutti i soggetti in campo per la costruzione di un’alternativa. Ma le mobilitazioni di queste settimane, che hanno preso vita dalla dichiarazione dell’indisponibilità dei ricercatori a sottostare al ricatto del lavoro gratuito, hanno di nuovo visto coinvolti moltissimi studenti delle scuole e dell’università. E’ un fatto che la votazione sul d.d.l Gelmini a partire da questa opposizione diffusa sia stato rimandata a una data futura. Ma fino a quel momento gli atenei e le scuole proseguiranno la mobilitazione per rispedire al mittente una riforma sgradita e per chiedere che l’istruzione venga finanziata seriamente.

Un’occasione in tal senso importante, è la data lanciata dai precari della scuola per il prossima 30 ottobre a Napoli ma che gli studenti medi e universitari intendono moltiplicare sul territorio. Così come la mobilitazione europea ed internazionale del 17 Novembre sui territori. Una data simbolica che deve essere riempita di contenuti e di pratiche, che reclamino libero accesso alla conoscenza, finanziamenti e qualità del sapere direttamente al livello internazionale. Intendiamo inoltre attraversare la manifestazione indetta dalla Cgil il 27 novembre a Roma.

La crisi che stiamo attraversando è anche ambientale ed energetica. Uscire dalla crisi significa immaginare un modello di sviluppo che sia sostenibile. Da questo punto di vista le strategie dei governi europei e non solo procedono cieche rispetto all’emergenza climatica ed ambientale, dimostrando una completa incapacita’ di dare delle risposte adeguate, cosi’ come ha dimostrato il vertice di Copenaghen. L’appuntamento di Cancun è in questo senso da riprendere e rilanciare.

La necessità di costruire battaglie generali passa anche dalla difesa dei beni comuni, per la sottrazione di ambiti centrali della società contemporanea al dominio del profitto, per la ricostruzione di spazi pubblici di esperienza collettiva. Così come decisive sono le lotte che si sono espresse in questi anni contro la costruzione di opere pubbliche imposte dall’alto e sgradite alle comunità che abitano i territori. Per questo il 4 Dicembre le studentesse e gli studenti, le lavoratrici ed i lavoratori, la cittadinanza parteciperanno alle mobilitazioni regionali indetta dai movimenti per l’acqua per chiedere una moratoria per la gestione dei servizi idrici fino all’esito del referendum del 2011.

Il problema della crisi, infine, ci sembra che sollevi in modo inequivocabile una questione sociale, che anche una questione generazionale: la precarietà è l’unica forma assunta dai rapporti di lavoro e la cifra di disciplinamento delle nostre vite quotidiane. L’alternativa allo sfruttamento e alla guerra tra poveri si costruisce nella lotta radicale contro la precarietà dei rapporti di lavoro e nella rivendicazione di un nuovo welfare. Autonomia e libertà sono temi centrali sui quali costruire una grande battaglia politica e vertenziale che si snodi sui territori locali attivando anche nuove forme di contrattazione sociale e collettiva, costruendo reti che mettano in comunicazione soggetti associativi, sindacali e di movimento. Bisogna costruire una grande campagna che rivendichi un welfare universale capace di stabilire un fronte comune fra soggetti differenti. Welfare universale vuol dire anzitutto rivendicare un reddito di cittadinanza per i precari. La difesa del salario oggi si deve sempre più comporre con la capacità di garantire autonomia di scelta alle persone, la possibilità concreta di poter rifiutare il ricatto della precarietà. Su questa idea bisognerà mettere in campo campagne politiche, e culturali, a livello nazionale, così come a livello territoriale. Su questi punti dirimenti a ripensare una nuova fase politica e un nuovo lessico sarà necessario pensare ad un momento di approfondimento seminariale per fine novembre che coinvolga tutti i soggetti che hanno dato vita all’assemblea di oggi.

Per questo riteniamo che sia molto importante che a partire da ieri si sia aperto in Italia il dibattito sullo sciopero generale. Crediamo che lo sciopero generale sia un passaggio decisivo nella direzione della ricomposizione e generalizzazione delle lotte. Crediamo allo stesso tempo che la tematica della generalizzazione vada riaperta proprio alla luce di quanto di straordinario sta accadendo in Francia in questi giorni. Non uno sciopero simbolico, ma uno sciopero ad oltranza, generale e generalizzato e in grado effettivamente di bloccare un intero paese coinvolgendo i sindacati e le nuove generazioni. Proprio nella direzione di costruire concretamente il percorso verso lo sciopero, l’assemblea di oggi lancia per l’11 dicembre una giornata nazionale di contestazione alle politiche economiche del governo per reclamare la convocazione dello sciopero generale e generalizzato.

Per concludere: a luglio 2011 saranno dieci anni dalle grandi giornate del G8 di Genova. Pensiamo che la rievocazione di Genova non sia semplicemente un fatto di memoria, ma sia soprattutto una tensione che dobbiamo recuperare. Una capacità di discorso e di costruzione collettiva di un’altra idea di società. Per questo invitiamo tutti ad aprire un ragionamento in vista del luglio 2011, a costruirlo nei territori e nei luoghi sociali, per provare a riportare nelle strade quello spirito, quella tensione, quella voglia di innovare.

Uniti contro la crisi per riprenderci il futuro

Roma 17 ottobre 2010

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conferenza d’ateneo

Il rettore ha convocato la quarta Conferenza di Ateneo dedicata all’analisi del DDL Gelmini, dopo il passaggio in Commissione alla Camera e in vista della discussione in aula.
Student*, ricercator*, dottorand*, personale tecnico-amministrativo, precar* dell’università: è la nostra occasione per ribadire la TOTALE INDISPONIBILITA’ al DDL Gelmini: giovedì 21 ottobre h. 16 in Aula Magna.

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assemblee!

Ecco i prossimi appuntamenti della mobilitazione contro il DDL Gelmini:
ASSEMBLEA GENERALE interfacoltà, martedì 19 ottobre h. 14 presso il cortile di scienze politiche
ASSEMBLEA DI FACOLTA’ di LETTERE E FILOSOFIA, giovedì 21 ottobre h. 11 presso il cortile delle statue, adiacente all’ingresso di università centrale.

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Sotto il rettorato GIOVEDì 14 ORE 11.00

Cosa fa la riforma Gelmini?

Il DDL Gelmini di riforma dell’università assesta il colpo di grazia alla ricerca, annulla le prospettive dei futuri ricercatori, distrugge le speranze della società nel suo complesso. Non solo, infatti il progetto di riforma riduce i già angusti spazi di democrazia in università, cancella il diritto universale alla formazione sostituendolo con l’obbligo all’indebitamento, accentra il potere nelle mani dei rettori, trasforma l’università in una scuola di formazione per precari sottopagati al servizio delle imprese. Pertanto il DDL non può essere emendato, va respinto in blocco, va fermato.

Com’è il nostro presente?

L’università non si trova nel vuoto pneumatico. È inserita in una società che da due anni a questa parte subisce una crisi che si sta scaricando su chi non l’ha provocata. I tagli di Tremonti all’università, quindi, non possono essere artificialmente scollegati da licenziamenti, cassa integrazione, mancati rinnovi di contratti precari. Proprio la precarietà è già la condizione odierna di tutti. Per questo il 16 ottobre a Roma si terrà la manifestazione “Uniti contro la crisi”.


Che prospettive future?

Le imprese vogliono che una volta che ti sei laureato tu faccia un anno di stage, lavorando non pagato; poi magari dieci anni di contratti a tempo, lavorando anche dieci ore al giorno per 500 euro al mese; l’alternativa è la disoccupazione: oggi un giovane su tre è senza lavoro. Il problema è dunque a monte: oltre che un DDL è la nostra condizione di fondo che dobbiamo cambiare. L’assenza di futuro è l’unica prospettiva, tra emigrazione, stage non retribuiti, lavori sottopagati a tempo determinato, o, peggio ancora, suicidi.

Che facciamo?

In questa situazione nulla è normale. L’indisponibilità alla didattica dei ricercatori impone un blocco alla normalità dell’università. Questo blocco va esteso e generalizzato, anche attraverso forme di pressione studentesca, fino al ritiro del DDL. Giovedì 14 inizierà la discussione del DDL alla Camera. È doveroso organizzare un primo vero momento di mobilitazione di massa, di presa di parola, di protesta generalizzata a Pavia. Dobbiamo farlo prima che il DDL venga eventualmente approvato. Esercitiamo dunque una forma di pressione sugli organi di amministrazione di questa università, sul rettore, sulla CRUI, che vogliono questa riforma. Pertanto, lanciamo un appuntamento sotto il rettorato per giovedì 14 alle ore 11.

Blocchiamo il presente per riprenderci il futuro

L’assemblea di studenti, dottorandi, personale tecnico-amministrativo


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prossimi appuntamenti

Venerdì 8/10 CORTEO REGIONALE del mondo dell’istruzione, Milano Cairoli h. 9,30 // ritrovo a Pavia stazione FS h. 8,30

Martedì 12/10 ASSEMBLEA GENERALE h. 11 @ cortile di scienze politiche

Sabato 16/10 MANIFESTAZIONE NAZIONALE “Uniti contro la crisi”, Roma

Domenica 17/10 ASSEMBLEA NAZIONALE, Università La Sapienza, Roma

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assemblea generale

Il governo vuole nuova riforma dell’università. Vuole abolire il diritto allo studio per gli student* privi di mezzi, vuole colpire la ricerca, vuole privare i ricercator* di ogni prospettiva, vuole consolidare il sistema di potere baronale, vuole permettere alle imprese di decidere su ricerca e didattica. Per questo, la riforma Gelmini piace tanto agli industriali, interessati ad avere manovalanza flessibile, sfruttabile e a basso costo. Meglio detto: ancor più precaria e ricattabile di quanto non sia già oggi. Infatti, le imprese vogliono che una volta che ti sei laureato tu faccia un anno di stage, lavorando non pagato; poi magari anni e anni di contratti a tempo, lavorando otto-dieci ore al giorno per 500 euro al mese; l’alternativa è la disoccupazione: oggi un giovane su tre è senza lavoro. Non pensare che questo non succederà a te, ma a qualcun altro. Non pensare “io riuscirò a svoltarla”, è l’illusione che vogliono creare. Invece succederà proprio a te. Se tu stesso non ti occupi di te stesso, nessun altro lo farà al posto tuo. Occupati di te stesso, fallo insieme a chi condivide la tua condizione.

Per frequentare l’università devi pagare sempre più tasse
Ti viene trasmesso un sapere spesso nozionistico e a volte inutile
Una volta laureato dovrai accettare per anni e anni un lavoro precario e malpagato
Le tue competenze verranno svilite, calpestate e svalorizzate
Con questa riforma lo scenario peggiorerà ancora
A cosa serve l’università, allora?
Forse vale la pena gridare
fermate tutto, voglio scendere”

I ricercator* hanno deciso di opporsi alla riforma, rifiutandosi di fare lezione: in teoria non spetterebbe a loro tenere i corsi, in realtà lo fanno, gratis. Per questo in molte facoltà le lezioni sono cominciate in ritardo. Siamo solidali con la protesta dei ricercatori, ma non deve essere corporativa: deve invece estendersi agli altri soggetti colpiti dalla crisi: la riforma non si cambia, si cancella! Data la gravità della situazione in cui ci troviamo è necessario creare movimento, alzare la voce, senza timore di alzarla troppo. Abbiamo infatti il chiaro insegnamento dei ricercator*: bloccare le lezioni smuove le coscienze, e non è certo uno strumento di protesta blando. E noi, cosa facciamo? Costruiamo solidarietà tra categorie sociali diverse ma unite dal rifiuto di pagare una crisi che non hanno provocato. Chiediamo più soldi: per la ricerca, per l’istruzione, per i servizi. Costruiamo da subito servizi autogestiti per studenti, senza aspettare che qualcuno prima o poi ce li regali.

Mettiti in movimento!

Martedì 12/10 ASSEMBLEA GENERALE h. 11 @ cortile di scienze politiche

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16 e 17 ottobre a Roma

Il 16 ottobre si terrà a Roma una manifestazione nazionale per la difesa dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori, indetta dal sindacato dei metalmeccanici CGIL, la FIOM. Parteciperemo alla manifestazione, nonostante le differenze tra noi e la FIOM, perché crediamo possa rappresentare un momento di ricomposizione di tutti quei soggetti, colpiti dalla crisi e dagli attacchi governativi e padronali, che in questi mesi stanno lottando per l’affermazione dei propri diritti, contro i licenziamenti, la retorica dell’austerità e i tagli al welfare. Oggi più che mai serve unità contro la crisi ed è anche per questo che aderiamo all’appello, lanciato dalle studentesse e dagli studenti degli atenei romani in mobilitazione, per un’assemblea nazionale, da tenersi domenica 17 ottobre presso l’università La Sapienza. A breve forniremo i dettagli e i contatti per partecipare da Pavia al corteo e all’assemblea di Roma.

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corteo no gelmini a milano

Venerdì 8 ottobre si terrà un corteo no Gelmini a Milano, promosso dalle studentesse e dagli studenti delle scuole superiori del capoluogo lombardo. L’appuntamento è in Cairoli alle h. 9,30. Anche i soggetti in mobilitazione contro il DDL di riforma del sistema universitario parteciperanno alla manifestazione. L’appuntamento per andare a Milano da Pavia è alle h. 8,30 in stazione FS.

Per maggiori info vedi Rete Studenti Milano e Coordinamento dei Collettivi Studenteschi di Milano.

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Martedì 5 ottobre assemblea d’ateneo ore 11

La crisi economica che iniziò nel 2008 continua. L’ennesima riforma dell’università verrà discussa in Parlamento il 14 ottobre. Per fortuna ci sono i ricercator* che hanno deciso di occuparsi di se stessi. Hanno deciso di opporsi a un progetto di riforma che colpisce la ricerca e priva questa categoria di ogni prospettiva in un sistema controllato dai baroni. I ricercator* usano le armi che hanno a disposizione, cioè rifiutandosi di fare lezione: in teoria non spetterebbe a loro tenere i corsi, in realtà lo fanno, gratis. Per questo in molte facoltà le lezioni sono cominciate in ritardo. Siamo senza dubbio solidali con la protesta dei ricercatori, purché non sia portata avanti con spirito corporativo, ma cooperando con gli altri soggetti colpiti dalla crisi: la riforma non si cambia, si cancella! Noi non ci fidiamo di rettori e baroni: la riforma dà loro più poteri e per questo la vogliono. Semmai sono interessati a cavalcare la protesta dei ricercatori per ottenere qualche monetina capace di tenere in vita il corpo moribondo dell’università.
Cos’è l’università oggi? È il frutto di venti anni di riforme europee, portate avanti sia dal centrodestra che dal centrosinistra. È un’organizzazione feudale, preda degli interessi dei privati, in cui la qualità del sapere trasmesso si è sempre più deteriorata. Il colpo finale arriva oggi: viene di fatto abolito il diritto allo studio, in nome della “meritocrazia” della Gelmini. Per questo, la riforma, più che i ricercator*, colpisce gli student*. Ma la Gelmini è un ministro-fantoccio, il DDL non è farina del suo sacco. La Gelmini non sa neanche cosa sia la “meritocrazia”: è andata a fare l’esame di stato per avvocato a Reggio Calabria. La realtà è che questa riforma è voluta da Confindustria.

Per questo crediamo che l’opposizione alla sola riforma sia troppo limitata, che rischi di essere una battaglia inutile. Dire “difendiamo l’università” oggi non vuol dire nulla. L’università oggi è la fabbrica che produce manovalanza flessibile ad alto grado di sfruttabilità e a basse remunerazioni. Non ci interessa salvarla. Ci interessa salvare noi stessi. Te lo diciamo altrimenti: vogliono che una volta che ti sei laureato tu faccia un anno di stage, lavorando non pagato; poi magari anni e anni di contratti a tempo, lavorando otto-dieci ore al giorno per 500 euro al mese; l’alternativa è la disoccupazione: oggi un giovane su tre è senza lavoro. Non pensare che questo non succederà a te, ma a qualcun altro. Non pensare “io riuscirò a svoltarla”, è quello che vogliono. È l’illusione che vogliono creare. Invece succederà proprio a te. Se tu stesso non ti occupi di te stesso, nessun altro lo farà al posto tuo. Occupati di te stesso, fallo insieme a chi condivide la tua condizione. Questo è l’insegnamento, oggi, dei ricercatori.

In tempo di crisi non sono solo ricercator* e student* a subire la scure dei tagli, l’aumento delle tasse, la prospettiva della precarietà. Molte imprese chiudono lasciando i lavoratori in cassa integrazione. Più in generale, la gente comune, la gente che lavora, subisce le misure di austerità dei governi. Quindi, è quanto mai attuale lo slogan che gridavamo due anni fa: “noi la crisi non la paghiamo”. Ci vuole solidarietà tra categorie sociali diverse ma unite dal rifiuto di pagare una crisi che non hanno provocato. Ci vogliono più soldi: per la ricerca, per l’istruzione, per i servizi. Ma soprattutto, ci vuole mutualismo: per costruire da subito forme di welfare dal basso, senza aspettare che qualcuno prima o poi ce le regali. Data la gravità della situazione in cui ci troviamo è necessario far leva sulle schifezze che caratterizzano la nostra condizione soggettiva: oltre che di università, intesa come sacro tempio del sapere (ma dove?), bisogna parlare di stage, di precarietà, di presente, di futuro.

Vogliamo che i momenti assembleari che sono stati fin qui organizzati siano spazi in cui non si debba solo ratificare le decisioni già prese a porte chiuse da un qualche ceto politico, ma in cui vengano decise le prossime mosse, senza timore di alzare troppo la voce. Abbiamo infatti il chiaro esempio dei ricercator*: vi sembra forse che l’indisponibilità alla didattica sia un metodo blando? E noi, cosa facciamo?

STUDENT* IN CRISI

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