Mercoledì 3 novembre alle h. 14 in aula L1, palazzo di San Tommaso, piazza del Lino, si terrà la prossima assemblea di facoltà di Lettere e Filosofia. La preside di Facoltà manderà a tutti i docenti l’invito a sospendere le lezioni di mercoledì pomeriggio, e a partecipare all’assemblea insieme alle studentesse e agli studenti.
Questo risultato, ossia di evitare di dover scegliere tra una lezione e la mobilitazione contro il DDL Gelmini, è il frutto della determinazione delle studentesse e degli studenti di Lettere e Filosofia. Lo scorso mercoledì, 27 ottobre, infatti, un gruppo di studentesse e studenti ha interrotto il normale svolgimento del Consiglio di Facoltà pretendendo che il CdF prendesse una chiara posizione di rifiuto del DDL Gelmini e che durante le assemblee le lezioni fossero sospese. Di seguito il comunicato dell’assemblea letto in CdF.
Nella conferenza d’ateneo della scorsa settimana pare sia chiaramente emersa la contrarietà, o meglio la criticità, di tutto il nostro ateneo nei confronti della riforma Gelmini ed in particolar modo dei tagli ai finanziamenti pubblici; dal rettore, passando per tutte le categorie universitarie, fino ad arrivare agli studenti.
La domanda però sorge spontanea: cosa sta facendo la dirigenza dell’università per contrastare questo Ddl? Diversi prorettori si sono eretti a paladini e a difensori dell’autonomia e della libertà della nostra università, ma cosa faranno quando i tagli ai finanziamenti statali diventeranno insostenibili? Come faranno a tutelare que
sto ateneo? Per ora, che i tagli sono agli inizi, hanno aumentato le tasse. Vedremo cosa riserverà il futuro, a noi, ai nostri futuri compagni e a questi prorettori.
In questo contesto, i ricercatori universitari si sono schierati contro questa riforma, organizzandosi, facendo rete e, in alcuni casi, arrivando alla sospensione della didattica. Noi qui, in questa sede, vorremmo esprimere il nostro appoggio e la nostra solidarietà a tutti quei ricercatori cha hanno scelto questo strumento di protesta
che, oltretutto, non va nemmeno a ledere il loro contratto di lavoro in quanto non sono tenuti a fare lezione e a sostenere sedute d’esame. Allo stesso tempo, però, vorremmo anche incoraggiare tutti quegli altri ricercatori che in futuro sceglieranno di intraprendere questa giusta forma di protesta.
L’astensione dalla didattica è sì una forma di protesta che potrebbe creare difficoltà e disagi, in primo luogo agli studenti, sicuramente. Eppure in una situazione come questa crediamo che sia il modo migliore per far arrivare a Roma e all’amministrazione di questa università il messaggio che questa riforma, così com’è, non ci pia
ce! La sospensione di corsi, di sedute d’esame, o addirittura di anni accademici interi, sono certamente una perdita, ma una perdita di gran lunga inferiore rispetto alla prospettiva di un’università in cui i corsi, i dipartimenti o addirittura le facoltà chiuderanno non per la protesta dei ricercatori, ma perché tagliati dal ministero per mancanza di fondi o di personale.
Ma qui non vogliamo parlare solo delle conseguenze più materiali che la riforma Gelmini porta con sé, ma anche ragionare su una questione di valori. Questa riforma rappresenta chiaramente, dopo vent’anni di smantellamento bipartisan, il colpo di grazia all’università pubblica come fonte del libero sapere. Già oggi gli stu
denti vengono formati come automi, destinati ad accettare condizioni lavorative senza certezza di futuro; nel prossimo futuro le loro conoscenze saranno svendute e costruite in base agli interessi del profitto e del capitale. Una catena di montaggio di cervelli riprodotti in serie. Non è un caso che il nostro paese viva la cosiddetta fuga dei
cervelli, cervelli liberi in cerca di una vita dignitosa. Il futuro dei più alti livelli della conoscenza nel nostro paese è destinato a dover dipendere dal taglio dei finanziamenti pubblici e dal conseguente ingresso dei privati nelle amministrazioni degli atenei. Il taglio dei finanziamenti provocherà la nascita di università di serie a, e di serie b; l’ingresso dei privati e il loro conseguente finanziamento, finalizzato a chiari interessi economici, causerà la
formazione di facoltà di serie a, e di facoltà di serie b.
Per tutte queste ragioni vogliamo rivolgere ai ricercatori l’invito ad avere maggior coraggio e determinazione nel prendere una posizione chiara e netta, portando avanti il blocco della didattica e di tutte quelle funzioni che non spettano loro di contratto, nel modo più massiccio possibile.
Chiediamo che in occasione dell’assemblea di facoltà, convocata dagli studenti per mercoledì 3 novembre alle ore 14, venga sospesa la didattica per quel pomeriggio, per permettere la partecipazione agli studenti, ai dottorandi, ai ricercatori, a tutto il personale e ai professori ad un vero momento di confronto democratico e
partecipativo sul Ddl Gelmini e sulle azioni da portare avanti.
Chiediamo l’immediato blocco del Ddl Gelmini, del taglio dei finanziamenti pubblici e dell’ingresso dei privati nei consigli d’amministrazione delle università.
Chiediamo che la necessaria riforma di cui l’università pubblica necessita venga fatta e pensata da chi l’università la vive ogni giorno, e non da dei politicanti incapaci; ma soprattutto che vada in direzione ostinata e contraria a quella che questo governo vuole seguire.
Chiediamo che questo messaggio raggiunga anche le altre facoltà di questa università, per poter unificare gli sforzi ed avere maggior peso in questa lotta.
Chiediamo infine che quella che fin’ora è stata una protesta d’opinione diventi vera; che chi si dice contrario ci metta davvero la faccia. Chiediamo, dunque, che la potenza diventi atto.
Le studentesse e gli studenti dell’assemblea di Lettere e Filosofia